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Autore Requiem
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 16:20  
Il cinema ha sempre esplorato, tra alti e bassi, il labile confine che distingue il sacro dal profano, il visibile dall’invisibile, l’empiricamente dimostrabile dal mistero. Così, negli ultimi anni, abbiamo altalenato tra i vari Stigmate, il prequel dell’Esorcista di Friedkin e il recente Esorcismo di Emily Rose.
Proprio dalla storia alla quale si ispirava quest’ultimo, trae linfa anche Requiem, del tedesco Hans-Christian Schmid, presentato in concorso all’edizione 2006 del Festival di Berlino.
Lo scenario è quello degli anni ’70, ben inquadrato dal regista come epoca policentrica, attraversata da grandi linee di frattura. Quella tra piccoli e grandi centri urbani, tra il lento cadere di una certa geometria delle cose (negli abiti, nelle architetture) e l’affermarsi dei colori e della pazzia giovanile, delle dispute generazionali che investono ogni aspetto del reale, del forte contrasto tra tradizione religiosa e innovazione laicista. E’ su questo che si gioca tanta della credibilità di un lavoro che cerca di dare vita alla descrizione di un fenomeno spesso spettacolarizzato dal cinema come quello della possessione demoniaca, dell’esorcismo, usando come unico, solido, metro di valutazione il campo del reale.
Non troviamo nessun effetto scenico clamoroso, nessun ambiente terrifico, nessun volto deforme. Schmid assume come valida l’ipotesi della possessione, dell’a-scientificità di un fenomeno senza spiegazione alcuna, e ne indaga i risvolti.
La storia di Michaela Klinger, interpretata dalla meravigliosa Sandra Huller, vincitrice dell’Orso d’Argento all’ultima kermesse berlinese, è quella di una ragazza più volte sotto cura, che deve fare i conti con qualcosa che lei stessa individua come più grande e infinitamente più potente delle sue sole forze.
La seguiamo nel suo primo semestre universitario, durante il quale il suo mondo si amplia, si allarga a nuovi amici, a un fidanzato, e si intreccia con le sue origini di famiglia profondamente cristiana, si incardinano all’interno di un sistema di riferimento guidato da una fede incrollabile.
Schmid è bravissimo nell’affrontare senza inutili banalismi né prolisse verbosità tutti gli aspetti, anche d’ambiguità, che la situazione comporta: il rischio di un’auto-convincimento, l’ottusa negazione dell’inspiegabile da parte di una famiglia pur devotissima, il rifiuto spaventato che del fenomeno ha una buona parte del clero, protestante (come nel caso del film) e non.
Ne esce fuori una toccante storia di una ragazza che vorrebbe, a tutti i costi, essere normale, che lotta con un demonio (qualunque accezione si voglia dare al termine), che arriva a guardare le cose da una prospettiva diversa. L’unica possibile, triste, gonfia di speranza, ma non disperata.

pubblicata anche qui
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 16:35  
Causa forza maggiore ho dovuto rinunciare all'anteprima, cerchèrò di recuperarlo in sala se non sparirà in un batter d'occhio.


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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 16:39  
eheh, piedone l'africano
recuperalo che ne vale la pena
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 16:49  
Quasi mai leggo recensioni prima di aver visto il film. Stavolta ho fatto eccezione e - istintivamente anch'io propenso a ritenere Requiem un film riuscito - rivolgo a Petrus il mio apprezzamento per l'ottimo scritto, per il suo equilibrio stilistico e capacità di fertile sintesi sempre riscontabile - pur nella non condivisione del giudizio di merito - nei suoi pezzi.
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 16:51  
quote:
In data 2006-11-17 16:39, Petrus scrive:
eheh, piedone l'africano
recuperalo che ne vale la pena




Il piedone dovrà restare "africano" per almeno 20 giorni... Spero che il film resisti altrettanto nelle sale. Però tra una settimana dovrebbero mettermi un gesso "camminante"..., almeno spero.
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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 17:21  
quote:
In data 2006-11-17 16:49, AlZayd scrive:
Quasi mai leggo recensioni prima di aver visto il film. Stavolta ho fatto eccezione e - istintivamente anch'io propenso a ritenere Requiem un film riuscito - rivolgo a Petrus il mio apprezzamento per l'ottimo scritto, per il suo equilibrio stilistico e capacità di fertile sintesi sempre riscontabile - pur nella non condivisione del giudizio di merito - nei suoi pezzi.




troppo buono
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 17:23  
quote:
In data 2006-11-17 17:21, Petrus scrive:
quote:
In data 2006-11-17 16:49, AlZayd scrive:
Quasi mai leggo recensioni prima di aver visto il film. Stavolta ho fatto eccezione e - istintivamente anch'io propenso a ritenere Requiem un film riuscito - rivolgo a Petrus il mio apprezzamento per l'ottimo scritto, per il suo equilibrio stilistico e capacità di fertile sintesi sempre riscontabile - pur nella non condivisione del giudizio di merito - nei suoi pezzi.




troppo buono




Prego.
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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 17:37  
quote:
In data 2006-11-17 16:51, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-11-17 16:39, Petrus scrive:
eheh, piedone l'africano
recuperalo che ne vale la pena




Il piedone dovrà restare "africano" per almeno 20 giorni... Spero che il film resisti altrettanto nelle sale. Però tra una settimana dovrebbero mettermi un gesso "camminante"..., almeno spero.





massima solidarietà-
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La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 17-11-2006 20:59  
quote:
In data 2006-11-17 17:37, vietcong scrive:
quote:
In data 2006-11-17 16:51, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-11-17 16:39, Petrus scrive:
eheh, piedone l'africano
recuperalo che ne vale la pena




Il piedone dovrà restare "africano" per almeno 20 giorni... Spero che il film resisti altrettanto nelle sale. Però tra una settimana dovrebbero mettermi un gesso "camminante"..., almeno spero.





massima solidarietà-




Grazie Viet!

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quentin84

Reg.: 20 Lug 2006
Messaggi: 3011
Da: agliana (PT)
Inviato: 29-05-2007 18:50  
Michaela vive un forte disagio interiore (che si aggiunge alle sue crisi epilettiche): la vita a Tubinga le ha fatto conoscere l'amicizia e l'amore, le ha mostrato un altro modo di vivere rispetto al rigido cattolicesimo della sua famiglia, inconsciamente inizia a ribellarsi alla religione (non riesce più a toccare il crocifisso, fa a pezzi il rosario), poi si sente in colpa e crede di sentire delle voci che la accusano di essere una sgualdrina.
Michaela attribuisce tutto questo al demonio, appoggiata in questa convinzione, da un giovane prete che le parla di martirio e sacrificio, rifiuta l'aiuto dell'amica Hanna che vorrebbe rivolgersi alla scienza, e si affida alla fede, anche i genitori si convincono che sia posseduta e la fanno esorcizzare:SPOILER la ragazza muore per deperimento dopo dodici esorcismi, come ci avverte la sobria didascalia finale.

Questo film mi ha ricordato molto Bresson per lo stile asciutto ed essenziale, quasi documentaristico, senza nessuna concessione alla spettacolarità o alla retorica.
Lo considero un incisivo (proprio grazie all'asciuttezza stilistica) atto d'accusa contro l'idea, tipica di certo cristianesimo, che la sofferenza fisica sia "utile" in quanto possa "redimere" l'essere umano dai suoi presunti "peccati" che nel caso di Michaela consistevano solo nel desiderio di una vita normale.

Il prete convinto che Michaela sia "posseduta" non appare mai come un personaggio "cattivo" o grottesco: è assolutamente e sinceramente convinto che la sofferenza avvicini a Dio e che Dio stia "mettendo alla prova" la ragazza.
Questa "sincerità" lo rende ancora più terribile.

Il film (Orso d'argento al Festival di Berlino 2006) è ispirato ad una storia vera, uscendo dall'ambito cinematografico, spero che quel prete sia stato condannato ad un buon numero di anni di galera.

Raramente sono stato così indignato dopo aver visto un film..mi era capitato solo con Orizzonti di gloria.

[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 29-05-2007 alle 18:52 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 29-05-2007 alle 19:14 ]

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ermejofico

Reg.: 17 Ago 2005
Messaggi: 662
Da: roma (RM)
Inviato: 30-05-2007 12:28  
Vedo che il film è ancora in discussione e quindi riposto la mia vecchia recensione già lucchettata:

La storia (reale) è nota: nella Germania di inizio anni settanta la giovane Michaela, già sofferente di epilessia, lascia la casa dei genitori per frequentare l’università di Tubinga.. Qui i disturbi psichici che già l’avevano afflitta in precedenza (sotto forma di improvvise paralisi, repulsione per le immagini sacre, voci disincarnate) si fanno più intensi, la ostacolano nel lavoro e la costringono, infine, ad interrompere gli studi. Nonostante l’appoggio delle persone con cui aveva stretto legami affettivi durante il breve soggiorno e nonostante la propria enorme forza d’animo, l’esaurimento fisico le impone di ritornare a casa presso i genitori. Convinta di essere vittima di possessione, sotto l’influsso di un giovane sacerdote accetta quindi di sottoporsi a pratiche di esorcismo che spengono definitivamente in lei ogni vitalità. Morirà pochi anni dopo per consunzione.

Il soggetto si presterebbe a qualunque tipo di manipolazione orrorifica (cosa che avviene nel contemporaneo “The exorcism of Emily Rose”) ed in effetti la raffigurazione del regista, soprattutto nel momento in cui esplode il delirio della protagonista, costituisce una vera e propria aggressione nei confronti dello spettatore (il cibo sputato in pieno volto alla madre - nutrice, il viso stravolto da espressioni realmente demoniache...). Il tutto potenziato dall’assoluta quotidianità della rappresentazione: tutto è assolutamente vero e nonostante questo (anzi, soprattutto per questo) è ancora più ambiguo e terrificante.

Un uso molto contenuto della macchina a mano ed un montaggio “angoloso” che evita spesso le soluzioni più fluide, nonchè l’alternanza nervosa e prolungata di piani di diversa grandezza (la sequenza della macchina da scrivere), rendono bene lo stato di progressiva alterazione in cui la protagonista (l’eccezionale Sandra Huller) entra durante il manifestarsi dei disturbi. Con altrettanta intelligenza, la violazione dei raccordi direzionali (la prima scena, la protagonista in bici verso il santuario) e gli scavalcamenti di campo (la conversazione con il giovane prete) permettono di percepire, anzi di condividere, il continuo stato di tensione i cui la ragazza vive anche al di fuori degli accessi visionari in cui culminano le sue crisi. Istintivamente viene da alzarsi per andarle incontro e sorreggerla, tanto si viene coinvolti nella sua angoscia.

Altrettanto abile si dimostra il regista (di cui occorre segnalare la coerenza tematica nell'arco della filmografia, dedicata in gran parte alla figura del “quasi adatto”) nei momenti più lirici, in cui la ragazza ricomincia a vivere e respirare, come nella gita in barca o nella corsa in mezzo al bestiame o, ancora, nell’impacciato ma generoso unico momento di erotismo. Le melanconiche nenie di “Anthem” (negletto titolo dei primissimi Deep Purple, che davvero giunge da una distanza abissale) rafforzano la sensazione di un estatico sfibrarsi diffuso per tutto il film.

Tutti gli attori della vicenda sono animati dalle migliori intenzioni, viene da concludere, e mancano tutti (la protagonista compresa) di intuire la strada che forse avrebbe portato alla salvezza della ragazza. Né le medicine né le pratiche religiose occultistiche (che chiamano a loro la protagonista da una remota età prerazionale e - tocco ulteriore di abilità del regista – sono promosse dal più giovane dei due preti presenti nel film) hanno sortito alcun effetto. E neanche la pur tentata eroica finzione della normalità. La chiave, suggerisce scopertamente il regista attraverso la figura di Dreyeriana terribilità della madre, risiede nella psiche della protagonista, in un radicale e rimosso conflitto che non è stato riconosciuto per tempo. Né la scienza materialistica né la spiritualità potevano raggiungere il punto (sepolto nella biografia personale di Michaela) da cui era partita la crepa che le sarebbe stata fatale.


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"Che cosa te ne fai di una banca se hai perduto l'amore?"

[ Questo messaggio è stato modificato da: ermejofico il 30-05-2007 alle 12:38 ]

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